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lunedì 8 dicembre 2014

Recensione del film Mommy (Gina Margiotta)

Oggi pomeriggio credo di aver visto un film tra i più belli ed originali dell'anno che sta per
concludersi. Il film Mommy del regista e attore canadese Xavier Dolan , è stato presentato alla settantaseiesima edizione del Festival di Cannes , aggiudicandosi il prestigioso e ambito premio della giuria.
Fin dalle prime scene, sono rimasta positivamente colpita dalla stupenda fotografia e dall'originale taglio registico che caratterizza questa drammatica eppur gradevole  pellicola.
Mommy rac­con­ta la storia di Diane,  una madre quarantaseienne  ve­do­va  che , per una serie di circostanze avverse, si ritrova a ritirare il figlio Steven da un istituto , dopo aver causato volontariamente un incendio, in cui rimane gravemente ferito un altro adolescente.  
Diane è una donna matura , eppure veste in maniera appariscente, dalle sue labbra escono quasi sempre parole rabbiose e volgari, fuma come una turca e tira avanti con lavori precari, senza una vera e propria cultura alcuna e priva di ogni competenza professionale .
La sua vita viene così letteralmente stravolta dal ritorno a casa di Steven  e dai pro­ble­mi che in­con­tra quan­do ri­ce­ve l'af­fi­da­men­to a tempo pieno del giovane che è  af­fet­to sin­dro­me da de­fi­cit di at­ten­zio­ne e ipe­rat­ti­vi­tà.
A distanza di pochi giorni dall'arrivo di Steven , nella loro vita entra in scena la preziosa ed importante presenza di Kayla , la loro nuova vi­ci­na di casa .
Kayla è un'altra creatura fragile e tormentata; un 'insegnante che , a causa di una marcata balbuzia ha preso la decisione di concedersi un lungo periodo di riposo dalla professione.
 
Il film si differenzia  , principalmente , per la scelta registica dal taglio decisamente in­so­li­to, per non dire unico, il for­ma­to 1:1, l'au­to­re  rie­sce , in questo modo, a trasmettere allo spettatore una sensazione di disagio, di chiusura, di limitazione dovuto alla dura realtà che circonda i tre personaggi principali.  La mac­chi­na da presa si muove spes­so , ma inquadrando spesso un solo personaggio alla volta , quasi a voler cogliere alla perfezione le sfumature delle espressioni dei volti, della loro essenza tormentata e precaria .
Steven , il giovane pro­ta­go­ni­sta, è un emar­gi­na­to com­ple­ta­men­te privo di ogni equilibrio mentale, ma nello stesso tempo è una creatura  fra­gi­le ed emotiva , con un di­spe­ra­to bi­so­gno di attenzione e di amore. Il legame con la madre è complesso, tormentato, a tratti morboso .
La malattia mentale di Steven  , porta Diane a dedicarsi completamente a quel figlio così pericoloso eppure cosi violentemente autentico, anche nel voler esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni. I dialoghi  , nonostante l'argomento trattato, sono spesso irriverenti , tanto da portare lo spettatore a ridere sinceramente , anche se con l'amaro in bocca .
La vicinanza di Kayla, che riesce ad instaurare un forte legame d'amicizia e di empatia sia con Diane che con Steven, sembra portare freschezza e serenità alla difficile esistenza dei due protagonisti.
Soprattutto  le due donne sembrano instaurare un'intesa mentale che gioverà persino alla difficile condizione mentale del tormentato adolescente. 
E questa nuova serenità , diventa palpabile ed evidente  a livello visivo, inducendo il regista a tornare al classico formato a schermo intero . Ma , purtroppo, solo per breve durata.
Purtroppo la patologia di Steven , scaturirà in tutta la sua imprevedibile violenza e all'impossibilità di mantenere quel tanto indispensabile controllo che distingue le persone disturbate da quelle equilibrate.
Una pellicola intelligente e delicata , anche se il tema trattato è tagliente, crudo e destabilizzante.
Delicata , anche se i dialoghi sono colmi di insulti, parolacce , parole dure e irriverenti.
E credo che proprio nel temine delicato , si nasconda tanta amarezza .... delicato come l'amore che solo una madre può donare .... Se non si coglie la "delicatezza" mascherata dal disagio, dalla sofferenza , dal degrado esistenziale.
Con un finale che è la decisione dolorosa che  solo una madre può scegliere.
Perché l'amore quello vero ed incondizionato può avere tante chiavi di lettura ....perché , a volte una decisione importante può comportare sofferenza , ma è l'unica e vera scelta  possibile.
Ho amato davvero questo film e oserei dire che i tre attori protagonisti sono stati veramente straordinari. Anne Dorval nella parte della madre  è credibile ed amara, Antoine Olivier Pilon è tormentato e sofferto ( in certi passaggi della pellicola da paragonare al James Dean di Gioventù bruciata) e per concludere la non meno importante Suzanne Clement nel ruolo della amica/vicina di casa ; dolce, timida eppure una presenza di  grande importanza.
Mommy è accompagnato da una colonna sonora , a mio avviso, azzeccatissima , con la scelta di brani come White  flag di Dido o Wonderwall degli Oasis , che riescono ad emozionare ulteriormente.
Un film che non lascia indifferenti...anche se l'epilogo è forse troppo drammatico , ma sicuramente  ed indiscutibilmente credibile e reale .  Bello....da vedere....

 
 

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