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martedì 15 maggio 2012

Chico Forti ...un innocente all'ergastolo.

Da tempo avevo promesso ad una mia amica di facebook di scrivere un articolo su Chico Forti.
La mia amica si chiama Magda Ramazzotti e da anni sta combattendo con ammirevole lealtà e perseveranza una causa in difesa di Forti , un imprenditore italiano che, palesemente innocente, è stato condannato il 15 giugno del 2000 all’ergastolo da una giuria  di Miami dopo appena un processo durato appena tre settimane. Leggendo la sua intera vicenda c’è più di un fatto che mi ha lasciata basita e indignata  e che mi ha spronato a domandarmi il motivo di tanto accanimento e odio nei confronti di un uomo descritto da tutti  come una persona onesta, pulita e con un 'integrità morale degna della massima considerazione . Questo post, quindi, lo dedico interamente a lui, auspicando che il movimento mediatico che si sta muovendo intorno alla sua vicenda , possa spronare il governo italiano ad interessarsi a questa incredibile vicenda , che priva questo uomo della dignità e della giustizia che  meriterebbe. Proprio in questi giorni anche lo showman Fiorello ha fatto un appello per spronare i mass media ad interessarsi al caso. Io ho solo questo piccolo blog....spero di essergli utile comunque.... Dai Coraggio Chico.... Non mollare.... Tanta gente crede in te..... Gina Margiotta

Notizie prese da Internet :

IL FATTO

L’imprenditore italiano di Trento, Enrico Forti detto “Chico”, dopo un processo durato venticinque giorni, il 15 giugno 2000 è stato ritenuto colpevole di omicidio da una giuria popolare della Dade County di Miami, “per aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike”. La sentenza ha lasciato esterrefatti i presenti e quanti avevano seguito il dibattimento processuale, increduli che una giuria abbia potuto emettere “oltre ogni ragionevole dubbio”, un verdetto di colpevolezza basato soltanto su flebili e confuse prove circostanziali.
Successivamente, attente verifiche e valutazioni sulla fondatezza di queste “prove circostanziali”, produssero una tale quantità di dubbi che il sospetto che i fatti siano andati in modo completamente diverso da come sono stati presentati dall’accusa, è divenuto certezza. Valutando meticolosamente una per tutte le accuse basate su fatti ed antefatti, si scoprì una serie infinita di manomissioni delle “prove circostanziali” da parte dell’accusa, con l’unico scopo di ottenere un verdetto di condanna.

GLI ANTEFATTI

Enrico Forti detto “Chico” nasce a Trento nel 1959 dove vive fino al conseguimento della maturità scientifica nel 1978. In seguito si trasferisce a Bologna per frequentare l’Isef, l’università di educazione fisica.
Fisicamente dotato, si dedica alla pratica di parecchi sport, dedicandosi in particolare al “windsurf” e negli anni ’80 ottiene molti successi a livello mondiale. Negli anni ’90 si trasferisce a Miami in Florida, dove intraprende un’attività di film-maker e presentatore televisivo.
In seguito si dedica anche ad intermediazioni immobiliari ed è proprio svolgendo questa attività che conosce un personaggio di nome Anthony Pike, che si presenta come proprietario di un omonimo albergo sull’isola di Ibiza, in Spagna. Quest’albergo aveva goduto di una certa notorietà negli anni ’80, frequentato da parecchi personaggi del jet-set internazionale, ma in seguito ebbe un declino fallimentare.
Alla fine del 1997, Anthony Pike viaggia alla volta di Miami, ospite di un tedesco di nome Thomas Knott, che da qualche tempo soggiornava a Williams Island, in un appartamento sito proprio sotto l’abitazione di Enrico Forti.I due erano stati “compagnoni” ai tempi dorati dell’albergo di Ibiza, di cui Knott era un assiduo frequentatore.
Solo in seguito, a cose fatte, si scopriranno i veri profili di questi due personaggi.
In primo luogo, Pike in quel periodo si trovava in estreme difficoltà finanziarie.
Knott era un “intrallazzatore” condannato in Germania a sei anni di detenzione per truffe miliardarie, sparito durante un periodo di libertà vigilata e ricomparso a Miami (ospite di altri tedeschi) a Williams Island, dove svolgeva sotto falsi documenti (procuratigli da Pike) un’attività di copertura come “istruttore di tennis”. In realtà continuava la sua “professione” di truffatore (25 accuse in poco più di sei mesi!) e l’ultima fu proprio quella tentata ai danni di Enrico Forti, convocando Anthony Pike a Miami con l’intento di vendere il citato hotel, sebbene non fosse più di sua proprietà da oltre un anno.
Durante questa trattativa, compare sulla scena Dale Pike, figlio di Anthony, che in passato era stato allontanato dall’albergo di Ibiza per gravi dissapori con il padre e probabilmente anche con Thomas Knott, suo ex compagno di baldorie. Dale Pike doveva lasciare precipitosamente la Malesia, per motivi non accertati, e ricorse all’aiuto del padre, trovandosi in questo stato di necessità completamente privo di denaro.
Anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità finanziaria, e chiese l’aiuto di Enrico Forti con il quale era entrato in trattative per la compravendita dell’albergo. Forti fu disponibile e alla fine di gennaio 1998 pagò a Dale Pike il biglietto aereo dalla Malesia alla Spagna. Quindici giorni più tardi, Anthony Pike telefonò nuovamente ad Enrico Forti, prospettandogli una sua visita a Miami, questa volta in compagnia del figlio Dale. Il giorno del loro arrivo fu programmato per domenica 15 febbraio 1998.
Convinse nuovamente Enrico Forti ad anticipare il denaro per pagare i biglietti aerei ed anche questa volta Forti acconsentì a pagare i biglietti ad ambedue. Alcune e-mail di Dale Pike alla fidanzata Vaike Neeme, una “ragazza copertina”. L’ultima è del 14 febbraio 1998 (il giorno prima della partenza per Miami). In questa lettera Dale si dice ansioso di conoscere Chico, “il nuovo proprietario” dell’hotel di suo padre, che è anche un produttore cinematografico. Scrive “di avere con sé un progetto per fare un film e di volerglielo presentare”. Dale si augurava che Forti lo aiutasse a realizzare questo film.
Due giorni prima della partenza, Anthony fece un’ultima telefonata ad Enrico Forti, adducendo problemi personali, spostando il suo appuntamento con lui a New York per il mercoledì successivo 18 febbraio. Suo figlio Dale invece, avrebbe comunque viaggiato a Miami, da solo, la domenica 15 febbraio ed Anthony chiese a Forti di andarlo a prendere all’aeroporto per ospitarlo a casa sua.
Forti acconsentì, ma dopo il suo incontro con Dale all’aeroporto, quest’ultimo gli chiese di essere portato al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove amici di Knott lo stavano attendendo e avrebbe trascorso alcuni giorni con loro, in attesa dell’arrivo del padre. Forti quindi gli diede un passaggio fino al luogo indicato da Dale e lo lasciò al parcheggio verso le ore 19 di quella domenica.
Il suo contatto con Dale Pike, mai visto né frequentato prima di quel giorno, era durato circa una mezzora.
Il giorno 16 febbraio un surfista ritrovò il cadavere di Dale Pike in un boschetto che limita una spiaggia a poca distanza dal parcheggio dove Enrico Forti lo aveva lasciato.
Era stato “giustiziato” con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca, denudato completamente ma con vicino il cartellino verde di cui viene dotato alla dogana chiunque entri negli Stati Uniti. C’erano anche altri oggetti personali per cui fu semplice l’identificazione. La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Enrico Forti.
Fu provato che Enrico Forti alle ore 20 si trovava all’aeroporto di Fort Lauderdale. Al processo infatti venne accusato e condannato come “mandante” dell’omicidio.

L’ACCUSA

Le accuse mosse contro Enrico Forti si basarono tutte sul fatto che in un primo momento egli tacque sulla circostanza dell’arrivo di Dale Pike domenica 15 febbraio 1998 ed omise la verità sul loro incontro all’aeroporto di Miami. Nei giorni che seguirono i fatti dimostrarono come Enrico Forti non fosse stato affatto preoccupato della sorte di Dale Pike.
Fu soltanto mercoledì 18 a New York, dove si era recato per l’incontro con il padre, che apprese la notizia dell’omicidio. Saltato l’appuntamento con Anthony Pike e non avendo più sue notizie, Forti tornò immediatamente a Miami ed il giorno seguente, 19 febbraio, si recò spontaneamente al dipartimento di polizia, per rispondere ad una convocazione come persona informata dei fatti. Fu durante questa convocazione – che si rivelò poi un vero e proprio interrogatorio come maggior indiziato per l’omicidio – che la polizia lo informò falsamente che oltre a Dale, anche il padre Anthony era stato trovato ucciso a New York.
Anthony Pike invece, era vivo e vegeto e sotto protezione della polizia stessa dal giorno precedente. Terrorizzato dal precipitare degli avvenimenti, Forti negò di aver incontrato Dale Pike. La sera del 20 febbraio, ormai resosi conto della gravità della situazione, tornò alla polizia per consegnare una serie di documenti relativi al rapporto d’affari con il padre della vittima. Ingenuamente, si presentò senza l’assistenza di un legale, anche per la garanzia di un ex capo della squadra omicidi da lui conosciuto, che lo aveva assicurato trattarsi solamente di dare alcuni chiarimenti per aiutare le indagini della polizia.
Invece in quell’occasione venne immediatamente arrestato e sottoposto ad un massacrante interrogatorio per 14 ore, durante il quale ammise di aver incontrato Dale Pike il 15 febbraio nelle ore precedenti il suo omicidio e di averlo accompagnato al parcheggio del ristorante Rusty Pelican a Virginia Key.
Questa ammissione fu il risultato di una vera e propria trappola, tesagli per mandarlo in totale confusione, costringendolo a mentire soggiogato dalla paura e dalla disperazione. Una tecnica forse legittima ed ammissibile, secondo il sistema americano, ma ottenuta proditoriamente con l’inganno.

IL VERDETTO

Dopo la conclusione dell’arringa dell’accusa, la giuria popolare si è ritirata nella camera di consiglio.
Giovedì 15 giugno 2000, ore 16 circa. Solo poche ore sono bastate ai giurati per emettere un verdetto di colpevolezza.
Incredibile ed incomprensibile la decisione della Corte nel suo pronunciamento della abnorme pena inflitta, che riportiamo nella traduzione letterale:
“La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale”!
La morte civile inflitta ad Enrico Forti in definitiva si basa solamente su una sensazione!
In seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore giudiziario, cinque appelli posti per la revisione del processo sono stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza motivazione né opinione.

I DIRITTI E LE REGOLE VIOLATE!

Ad Enrico Forti è stato negato il diritto allo Speed Trial (processo veloce entro 20 giorni dall’arresto) per avvenuta scadenza dei termini di legge (6 mesi) dalla prima accusa all’arresto (20 mesi). Il diritto allo Speed Trial gli è stato negato perché applicata la Regola Williams, cioè l’esistenza di una diretta connessione tra l’ottenimento di un illecito guadagno (truffa) e la consumazione dell’omicidio.
Questa regola avrebbe dovuto essere revocata perché Enrico Forti era già stato assolto dall’accusa di frode in un precedente processo. La deposizione rilasciata da Enrico Forti come testimone, durante la quale ha detto la bugia sul suo incontro con Dale Pike, avrebbe dovuto essere annullata perché coperta dai Diritti Miranda che prevedono l’assistenza di un legale durante qualsiasi deposizione rilasciata da una persona ufficialmente accusata di un crimine.
Questi diritti gli furono negati anche se al momento di questa deposizione, era già il principale indiziato per l’omicidio. L’accusatore ha anche scorrettamente ignorato un accordo pre-processuale tra le parti, detto in limine, secondo il quale la truffa non avrebbe dovuto essere usata come movente La giuria così fu intenzionalmente fuorviata nel suo giudizio finale. In questo modo si è violata anche la regola Double Jeopardy secondo la quale, se un imputato è già stato assolto da un’accusa in un precedente processo, la stessa accusa non può essere usata in un altro processo.
Ad Enrico Forti furono negati anche i diritti previsti dalla Convenzione di Vienna. I Paesi firmatari di questa convenzione, garantiscono l’immediata assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato diverso dal proprio. E’ prevista anche l’automatica simultanea comunicazione alle autorità consolari locali del cittadino stesso. Il Consolato Italiano venne a conoscenza del primo arresto di Enrico Forti casualmente dai giornali nove giorni dopo. Alla protesta ufficiale che ne seguì, la polizia inviò una lettera di scuse per “l’involontaria” omissione.
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Se anche voi, come me, siete rimasti colpiti da questa vicenda, fatela conoscere a quante più persone possibile, nella speranza che molto presto Forti possa riconquistare la libertà

https://www.facebook.com/lucio.caltavituro   Questo è il link di Facebook per informarvi sulle notizie di Chico Forti

1 commento:

  1. ho sentito la notizia ai TG...la prima cosa che ho pensato, oltre al fatto che mi dispiace davvero per il nostro connazionale, è che in Italia gli omicidi anche rei confessi si fanno solo una manciata di anni di carcere (se va male) e poi tornano liberi come fringuelli...

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