Ieri è venuto a mancare uno dei più grandi e saggi personaggi del mondo e della storia del calcio ;
Vujadin Boscov. . Con quel suo italiano slavizzato che lo rese un vero e proprio personaggio, al di là del talento sportivo: mancherà a moltissimi questo piccolo grande uomo , che ha saputo conquistarsi anche le simpatie dei suoi più agguerriti avversari.
Se ne è andato infatti a 82 anni, dopo una lunga malattia, nella sua Serbia, il tecnico che portò a vincere uno scudetto e vari trofei nazionali ed europei alla straordinaria Sampdoria di Vialli e Mancini, a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90 . Dotato di una meravigliosa semplicità, di una straordinaria spontaneità ....che fruttarono tante perle di saggezza che rimarranno indelebilmente nella storia del calcio italiano...... "Partita finisce quando arbitro fischia" ...oppure " Gullit è come cervo che esce di foresta" .....o ancora " Sampdoria è come una bella ragazza a cui tutti vogliono dare dei baci".
Voglio condividere sul mio blog un mio personalissimo ricordo del grande Mister che tante emozioni ci ha regalato. Negli anni d'oro di Vialli e Mancini andavo spesso a Bogliasco.... I miei idoli che si allenavano....poi li aspettavo che uscissero dallo spogliatoio per una foto.
Una volta mi avvicinai al Mister e mi feci fare un autografo e gli dissi : " Mister per me è un grande onore avere una sua dedica sul diario ".Lui mi guardò con quello sguardo dolce e simpatico e mi rispose : " Non dire bugie bambina , tu vieni qua per Roberto e Gianluca " .Poi mi strizzò l'occhio e firmò sul mio diario..... Eri troppo forte .... Ciao Mister..... E grazie di tutto....Non ti dimenticheremo mai.
Ricordo di Roberto Mancini su Vujadin Boskov:
"Vujadin Boskov si presentò allo spogliatoio un bel mattino d’estate, ci squadrò a lungo scuotendo ogni tanto la testa, e alla fine dell’esame, alzando un po’ la voce, più o meno disse: «Voi siete Sampdoria. Da oggi barbe fatte, vestiti in ordine e niente occhiali da sole, perché quando la gente vi vede deve pensare che Sampdoria è club di stile». N...on ricordo verso chi mi girai, ricordo quel che dissi «ma chi è? Hitler?». La cayenna durò tre giorni, perché da una parte noi togliemmo dal guardaroba le magliette proprio impresentabili e dall’altra lui smise i panni del poliziotto, e dopo altri tre giorni eravamo quasi amici. Dico quasi perché tra allenatore e giocatori un minimo di distanza deve esserci sempre, ma fu ben presto chiaro a tutti che per Vujadin non eravamo soltanto lavoro. Ci voleva bene. E siccome la Samp aveva già un “padre”, Paolo Mantovani, lui non volle mai essere altro che un fratello maggiore, pronto a metterci a disposizione la sua enorme esperienza. Eravamo una squadra giovane e talentuosa, lui fu l’uomo giusto al momento giusto: nei momenti difficili e ce ne furono anche nell’anno dello scudetto comunicava una tranquillità disarmante. «Siete i migliori, troverete la strada. Magari io conosco una scorciatoia...». E si finiva sempre a ridere: era la sua strategia per stemperare la tensione. Io combinavo un sacco di cavolate. In campo mi arrabbiavo, con l’arbitro e a volte anche con i compagni. Una domenica passai proprio il segno, e Boskov all’intervallo con espressione furiosa gridò davanti alla squadra «Mancini, tu sei un terrorista dello spogliatoio!». Ma no, mister...Ridevano tutti tenendosi la pancia, alla fine mi acquietai pure io. Sapeva prenderti, come tutte le persone molto intelligenti. E sapeva darti fiducia. Ricordo che prima delle partite col Milan diceva sempre a Vierchowod «tu prendi Gullit e infilatelo nel taschino». Raccontate adesso magari sembrano scemenze, ma in qui momenti l’autostima della squadra cresceva a dismisura. Giocavamo il calcio dell’epoca pre Sacchi, con il libero, i marcatori e una manovra studiata per far arrivare la palla in fretta a me e a Vialli. Forse eravamo i talenti migliori, di certo Vujadin ci ricordava sempre quanto fossimo inutili senza il lavoro della squadra. Sembrano banalità, ma per ragazzi di 20 anni con il mondo nelle mani certe lezioni sono preziosissime. Lo ringrazio ancora oggi, Boskov ha reso la mia giovinezza straordinariamente bella. Abbraccio con forza la sua famiglia, e me lo immagino in cielo, seduto accanto a Mantovani. Se me li ricordo bene, staranno già ridendo". Roberto Mancini
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