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venerdì 21 ottobre 2011

Il principe azzurro
È che noi donne siamo fastidiose. Abbiamo la fastidiosità inserita proprio nel DNA. Sarà che il cuore ci batte più veloce e diventiamo insofferenti. Abbiamo bisogno che il nostro Re mogio ci dica delle robe. Ma non robe qualsiasi, tipo: «Guarda che ti scade il bollo dell'auto». Parole d'amore, dannazione. Agogniamo l'assoluto. Vogliamo credere che siamo fatti proprio uno per l'altra.
Qualche giorno fa mi sentivo molto Perla di Labuan, così ho mandato un SMS al mio Sandokan personale. «Ti amo» ho scritto. Un po' scontato, ma sempre attuale. Bastava che mi rispondesse: «Anch'io». Son poi sei lettere. No. Lui no. La mia tigre di Mompracem mi ha risposto: «Prendo atto». Ho dovuto alzare il gomito con la Soluzione Schoum per liberarmi dalle scorie emotive.
E io che una volta credevo nel principe azzurro. Coi capelli di polenta e gli occhi a lago. Due. Bolsena e Bracciano. Che mi citofonava al portone posteggiando il cavallo bianco di lato al cassonetto. Son passati trentotto anni e ancora non l'ho trovato. O son cretina o comincio a dubitare che sia una specie protetta. Magari si è estinto da anni.
Ho trovato svariati uomini che mi piacevano, con i quali ho fatto anche un pezzo di strada. Principini, principastri, principuzzi. Non tantissimi per la verità. Con qualcuno ho giusto fatto due passi. Mai a cavallo. Sempre a piedi. Ma nessun principe azzurro.
E allora me ne sono fatta una ragione. E son cambiata io. Il tempo mi ha trasformata. Mi si è allargato il punto vita, ho perso altri due decimi di vista e mi è crollato il sottomento come ai pellicani. Solo le tette resistono. In decenni di rispettabile carriera ancora non si sono sottomesse alla forza di gravita. Col tempo ho anche imparato a conoscermi. Mi so a menadito. Riesco persino a mettermi il rossetto a memoria. E ho imparato anche a fare a meno del principe azzurro. Però le parole d'amore le esigo. Ieri ci ho riprovato. Gli ho scritto: «Grazie di esistere». E lui mi ha risposto: «Prego». Zotico. Poi si è accorto di avere un tantino esagerato. La sera è arrivato a casa con una poesia. Scritta apposta per me. Mi ha specificato che era in stile futurista. Poi ha cominciato a declamare: «Non bulloni! / Non pistoni! / Centomila megatoni / tengo dentro ai pantaloni!».
Ecco fatto. La mia idea dell'inferno è più o meno questa.

Luciana Littizzetto

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